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È un dato di fatto che stampa 3D ha determinato un cambiamento rivoluzionario nel paradigma progettuale e produttivo degli ultimi 10 anni, ma ora la nuova frontiera dell’additive manufacturing punta direttamente al 5D!

Tempo addietro si parlava del 4D printing, ovvero aggiungere alle solite 3 dimensioni quella del cambiamento nel tempo, modificando quindi la risposta geometrica del materiale sottoponendolo a condizioni extra come calore, acqua etc. Il team di ricerca del professor William Yerazunis del MERL (Laboratori di Ricerca di Mitsubishi Electric) ha sviluppato una tecnologia di produzione additiva a filo che permette di costruire lungo 5 assi (5AAM) ottenendo secondo i primi test pezzi da 3 a 5 volte più forti rispetto a quelli del 3D Printing tradizionale utilizzando inoltre meno materiale.

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L’indagine ha preso il via dalla constatazione fatta dal team americano per cui la deposizione di materiale per strati tenendo la Z costante causa una direzione di indebolimento nei pezzi prodotti, ed una resistenza a tensione inferiore rispetto al materiale stampati ad iniezione. La particolare stampante 5d esegue la stampa su un piano di lavoro in grado di oscillare avanti ed indietro su 2 assi raggiungendo così la completa funzionalità su 5 direzioni. Per testare il sistema l’azienda ha scelto di produrre dei tappini a pressione dal profilo bombato per poter stressare il pezzo da più direzioni, non di meno da quella interna che proviene dal contenitore su cui è realmente in uso. Il dato emerso è sorprendente: i campioni stampati in 3d Printing tradizionali resistevano a circa 0,1MPa mentre quelli prodotti con tecnologia 5d sopportavano fino a 3,7MPa e risultavano realizzati con il 25% di materiale plastica in meno.

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Nonostante i primi risultati incoraggianti il professor Yerazunis stesso pone l’accento sui miglioramenti che è necessario apportare alla tecnologia affinché risulti più appetibile al mercato dell’additive manufacturing industriale: migliorare le prestazioni degli ugelli, rendere il processo più veloce, ampliare le dimensioni dell’area di lavoro e compiere ricerche anche su altri materiali per arrivare un giorno a stampare anche polimeri caricati con fibre quali ad esempio grafite o Kevlar.

Insomma un progetto di ricerca che agli albori già si prefigge traguardi importanti ma non impossibili!

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